Una maglietta, un pallone e un sorriso: a volte basta poco per accendere un sogno e regalare speranza. È quello che accade nel quartiere Conocal, una zona di frontiera tra Volla e Ponticelli, in provincia di Napoli, dove il calcio non è solo un gioco, ma uno strumento di riscatto e inclusione.
Qui, tra le difficoltà quotidiane di molti giovani che vivono disagi familiari ed economici, la Gioventù Francescana e il Terz’Ordine Francescano hanno dato vita a un progetto speciale, l’oratorio. Da anni, questi spazi diventano un rifugio, un luogo dove i ragazzi possono sentirsi accolti, ascoltati e liberi di sognare.
A rendere tutto ancora più speciale è l’idea di Dario Coppola, terziario francescano della vicina Cercola, che insieme alla dirigenza della Juve Stabia ha creato un progetto unico. La sua missione? Dare la possibilità anche ai bambini più svantaggiati di vivere lo sport e, attraverso esso, recuperare un pezzo di infanzia spesso negata. Così nasce una squadra di “simpatiche canaglie”, come la definisce affettuosamente, un gruppo di piccoli campioni che, oltre a rincorrere un pallone, imparano il valore della comunità, della disciplina e della gioia condivisa.
Ma c’è un volto particolare dietro questa storia: Roberto Sdino, che con orgoglio dice di sé: “Io faccio ’ò presidente!”. Con il suo stile schietto e appassionato, Roberto si è fatto portavoce del progetto, sostenendo i bambini e ricordando a tutti l’importanza di credere nei sogni.
Il messaggio di Roberto è chiaro e toccante: “Ogni tanto ai bambini chiedete: ma tu da piccolo cosa vuoi fare? E forse troverete risposta anche alle vostre domande”. Una frase che racchiude un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a riscoprire la forza dei sogni che ci spingevano da bambini e che, a volte, dimentichiamo da adulti.
Questo progetto non è solo calcio, è vita. È la dimostrazione di come, con passione e solidarietà, si possa creare qualcosa di straordinario anche nelle realtà più difficili. Perché, come insegna questa squadra di “bambini super”, tutti hanno diritto allo sport, alla gioia e, soprattutto, a un futuro migliore.
E allora, grazie a Roberto, a Dario, e a tutti coloro che credono nei ragazzi del Conocal. Perché ci insegnano che, a volte, basta un pallone per cambiare il mondo.