Juventus-Napoli: il diavolo è nei dettagli

Come per ogni finale di calcio, che sia di Champions League o di Supercoppa Italiana, il diavolo è nei dettagli. La partita di ieri vedeva un Napoli forte della goleada contro la Fiorentina, ed una Juventus ferita per la sconfitta subita contro l’Inter. Ma le finali sono storie a parte, e tutto si resetta.

Nei primi 45 minuti le squadre si studiano e nessuna osa. Gli uomini di Gattuso scendono in campo senza coltello tra i denti e con la coda tra le gambe. L’occasione più ghiotta, però, nasce da un cross di Demme ed un colpo di testa volante di Lozano. Szczesny, il migliore in campo, è reattivo e salva la Juventus. I bianconeri non tirano mai in porta. Nel secondo tempo la partita è più dinamica. Gli uomini di Pirlo spingono ed il Napoli attende, forse troppo. Il gol del vantaggio è frutto della fortuna: Bakayoko tocca il pallone che finisce tra i piedi di Ronaldo a pochi metri dalla porta. Ospina nulla può.

Qualche questione da chiarire

Al minuto 67, Gennaro Gattuso opta per un cambio opinabile. Esce Bakayoko per far spazio ad Elmas. Il macedone, come in qualsiasi altra partita di quest’anno, non incide, se non in negativo. Non spinge a centrocampo, né è duro nei contrasti. Se l’idea del mister era quella di dare vivacità alla mediana, forse sarebbe stato meglio arretrare Zielinski e provare Mertens sulla trequarti.

Il problema principale di questo Napoli è, come sappiamo da tanto tempo, la poca qualità nei ricambi. Vi è una rosa ampia, certo, ma chi siede in panchina non riesce a risolvere la partita, mai. Parliamo di calciatori che non ti permettono di cambiare le carte in tavola. Così come il Napoli inizia la partita, così è costretto a concluderla.

Al 72esimo minuto, Mertens subentra a Petagna. Altra scelta poco condivisibile. A venti minuti dalla fine, in una gara in cui o si vince o si perde, e non vi è la possibilità di recuperare punti in classifica e parlare di “un incidente di percorso”, bisogna provare il tutto per tutto. La prestazione del gigante numero 37, infatti è sufficiente. Ha ricevuto pochi palloni, soprattutto per un Zielinski poco ispirato ed un Insigne in forte tensione.

Proprio sul tema Insigne bisogna chiarire una cosa. I rigori si sbagliano, non è questo il problema. È lui il capitano ed è lui che deve presentarsi sul dischetto. L’errore però è figlio del terrore. Non inquadrare lo specchio della porta vuol dire avere paura.

La più grande fortuna, e al contempo la più grande condanna del numero 24, è quella di giocare per la propria città e per la propria squadra del cuore. Lorenzo è il più bersagliato, il più giudicato in casa Napoli. Bisogna voltare pagina e coccolarlo ad ogni prestazione sottotono. Il suo umore è specchio dell’umore dell’intera squadra. Non si può tradire un proprio figlio.

Infine, l’approccio alla gara. Contro una squadra che è in evidente difficoltà, bisognava scendere in campo con un appeal diverso. Il Napoli non ha mai avuto veramente il controllo del gioco. È vero che le occasioni più importanti sono state quelle azzurre, ma ci si aspettava un approccio prettamente offensivo. Invece si è puntato sulle ripartenze, come nei primi giorni di Gattuso a Napoli, quando si affrontò in Coppa Italia l’Inter un anno fa e si vinse con una magia di Fabian Ruiz dalla distanza.

Il diavolo è nei dettagli, e la gara di ieri è stata decisa dagli episodi. Nessuno ha dominato e poteva concludersi con qualsiasi altro risultato.

L’allenatore chiedeva concentrazione e rispetto per l’avversario, ma il veleno, traduzione calcistica della nostra “cazzimma” manca ancora. Cattivi in campo si nasce, non si diventa.

Salvatore Esposito