NERÉ, L’EDEN: IL CORPO COME SACRO, IL DESIDERIO COME CONOSCENZA

Con EDEN, Neré apre una nuova e radicale fase del proprio percorso artistico, spostando lo sguardo oltre il racconto degli elementi naturali che avevano segnato i lavori precedenti. Dopo terra, acqua, fuoco e aria, l’artista sceglie di addentrarsi in un territorio più intimo e insieme universale: quello del corpo come luogo sacro, del desiderio come forma di sapere, del femminile come origine generativa e non subordinata.

EDEN non si presenta come un paradiso perduto, né come un mito nostalgico. Al contrario, è una scelta consapevole, una presa di posizione estetica e politica contro un immaginario religioso e culturale fondato su gerarchie, colpa e verticalità del potere. Al centro del progetto c’è la costruzione di una Trinità alternativa, incarnata e circolare, che non governa dall’alto ma abita la carne, il corpo e lo spirito.

I tre principi che sostituiscono Padre, Figlio e Spirito Santo sono figure animali da sempre temute, demonizzate o ridotte al silenzio simbolico. La Lupa, incarnata dalla stessa Neré, emerge come archetipo di istinto indomito, protezione e guida: una creatura notturna e indipendente che, come Lilith, non chiede assoluzioni. Il Serpente, tradizionalmente associato alla colpa, viene restituito alla sua dimensione originaria di portatore di conoscenza ciclica, desiderio e rigenerazione. La Farfalla, infine, rappresenta il principio animico della metamorfosi: non più fragile ornamento, ma tensione verso la luce e potenza del cambiamento.

Il videoclip di EDEN, diretto da Neré insieme a Greta Bottero, è stato girato tra Torino e Lione, città legate da una lunga tradizione esoterica e inserite nel cosiddetto triangolo della magia bianca. In questo contesto carico di simboli, danza, nudità, ombra e movimento diventano linguaggio rituale, mai esibizione fine a se stessa.

Particolarmente significativa è la rilettura della pole dance, sottratta allo sguardo voyeuristico e riportata alla sua dimensione fisica e sacrale: un dialogo con la gravità, la forza e il centro del corpo. Allo stesso modo, la danza nuda con la propria ombra si trasforma in un gesto di riconciliazione con l’istinto, con quell’“animale sacro” che abita ogni essere umano.

In EDEN cade la dicotomia tra sacro e profano. Il piacere non è più peccato, ma conoscenza; il corpo non è colpa, ma radice. Non esiste una redenzione da ottenere né un perdono da meritare: esiste soltanto la scelta di abitare se stessi, pienamente.

Più che distruggere un dogma, la regia di Neré richiama una memoria arcaica e ancestrale, un tempo in cui il femminile non era né santificato né demonizzato, ma riconosciuto come origine. Un messaggio che si chiude con un’affermazione netta e potente: non veniamo dal peccato, veniamo dalla terra.