LA LUCE UV ALLO XENO CONTRO IL COVID19

La Prof.ssa Maria Triassi, ordinaria della Cattedra di Igiene Generale ed Applicata del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Napoli – Federico II, ha iniziato la sperimentazione di sanificazione degli ambienti contagiati dal Sars-Cov-2. La sperimentazione durerà per tre settimane, per avere certezza dei risultati ed è possibile realizzarla, grazie alla disponibilità della SAMS – sanificazioni per ambienti sicuri, che ha messo a disposizione i dispositivi e il proprio personale specializzato, a titolo gratuito.

I risultati dichiarati sono molto incoraggianti, occorrono pochi minuti per ottenere una sanificazione degli ambienti molto più radicale e sicuri degli attuali protocolli e materiali. Sanificare in maniera efficace e rapida dove hanno soggiornato i soggetti contagiati dall’epidemia, applicando le lampade allo Xeno UV- consentirà la riduzione delle infezioni connesse all’assistenza e cura dei malati, garantendo una migliore difesa dalla contaminazione agli operatori sanitari che combattono contro la pandemia in atto.

La sperimentazione diretta dalla Prof.ssa  Maria Triassi del Policlinico partenopeo, consentirà, a complemento di quella ordinaria, eseguita con derivati del cloro o con derivati alcolici sulle superfici, sulle pareti e sui pavimenti, la disinfezione ambientale che riguarda particolarmente l’aria e le superfici presenti nell’ambiente trattato. Sarà testata sia in vitro, per quanto riguarda la sua efficacia su superfici inorganiche e contaminate artificialmente, che in strutture a forte rischio, come ad esempio le sale operatorie o i reparti Covid 19 per verificare se effettivamente l’apparecchiatura può rappresentare una maggiore garanzia negli ospedali e ambienti sanitari che richiedono la massima sanificazione possibile.

Se il risultato sarà, come si prevede e si spera, incoraggiante, si salveranno molte più vite umane, meno richieste di risarcimenti per infezioni contratte in ospedale, facendo diminuire il costo della Sanità Italiana.

Le radiazioni UVC, causano un danno cellulare inarrestabile, distruggendo il materiale genetico del microorganismo infettivo: cioè il DNA per i batteri e l’RNA per i virus come il SARS-Cov-2.  Difformemente dal classico ipoclorito di sodio o candeggina e etilene, che non danno certezza di efficienza su Covid 19, e il rischio di tossicità ed errore umano; perché parliamo di trattamenti di sanificazione soltanto manuali. L’ozono all’opposto si è rilevato inefficace e incompleto per la sanificazione dell’aria, per di più in caso di Covid 19 esso inattiva i recettori virali ma non annienta il virus che si distruggere, invece, con le radiazioni UVC del nuovo metodo in sperimentazione.  Gli interventi saranno ripetuti settimanalmente per ventidue giorni, sia sulle superfici, sia nell’aria. Sarà eseguita la ricerca della carica batterica totale, la carica micotica, la ricerca di Gram positivi e Gram negativi in conformità alle norme tecniche ISO. Sulle superfici sarà compiuta, inoltre, la ricerca di Covid-19 mediante tecniche di biologia molecolare – RT-PCR.

I test saranno effettuati anche dall’equipe di microbiologi: Dr.sse Francesca Pennino, Tonia Borriello e Carmela Iervolino, del laboratorio di Microbiologia dell’Unità di Ricerca di Igiene Medicina Preventiva e Statistica Sanitaria.

Infine, si ricorda che la validità dei dispositivi sanificanti è stata già dimostrata dai test clinici effettuati dai laboratori dell’Istituto di Virologia D. I. Ivanovsky, del Ministero della Salute della Russia, che hanno attestato l’efficacia sul Sars-Cov-2 ma non risulta ancora sperimentato test in ospedali.