L’esercito dei vegani ha colonizzato anche Napoli?

Da sempre, i napoletani sono conosciuti come il popolo della buona forchetta.partenopei sono, infatti, legati ad alcune tradizioni culinarie intangibili che rappresentano parte della loro storia. Una di queste è, sicuramente, il ragù della domenica detto in gergo napoletano o’ raù: “una salsa di carne e pomodoro” come lo definisce Luciano Pignataro sul suo blog. Il ragù necessita di una cottura lunga e lenta: deve pappuliare; cuocere dolcemente  E a detta di tante casalinghe l’amore resta l’ingrediente principale!

Ma, allora, come approccia un napoletano – così legato alle sue origini culinarie, alle tradizioni e al raù – alle nuove mode alimentari? Partiamo dal principio.

Gli italiani che si avvicinano alle diete vegetariane (vegane, pescetariane eccetera) aumentano costantemente nonostante restino, comunque, inferiori ad altri paesi come Germania, Gran Bretagna o India dove la scelta viene indirizzata, soprattutto, dalla religione, più che dall’etica o dall’alimentazione. La nuova parola veg, diminutivo di vegetariano o meglio vegano, è sempre più in voga; i primi non mangiano carne e pesce, per i secondi nemmeno i derivati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Eurispes, l’8,9 % degli italiani non consuma proteine animali, di cui il 2,2% che nega anche i derivati, i cosiddetti vegetariani stretti.

A sostegno di quanto detto, i napoletani pare che siano in linea con la tendenza, al contrario di quanto si possa pensare, ragion per cui molti ristoranti sono convenuti con i nuovi costumi alimentari.

Qualche anno fa, infatti, la città napoletana vide l’apertura di una macelleria vegetariana che suscitò le critiche di qualcuno ma che al contempo riscosse la benevolenza di altri. La macelleria qualche tempo dopo, continuando a viaggiare sulla stessa linea di pensiero, produsse il soffritto vegano, che si avvaleva dell’aiuto della soia al posto della carne. Il soffritto è, di fatto, un condimento – per pasta – nostrano contenente frattaglie, pomodoro e peperoncino. La cosa che più meravigliò è che a detta di alcuni clienti, mangiato senza saperlo, il soffritto vegano era anche più buono dell’originale!

La città resta, dunque, fratturata ma complessivamente al passo: da un lato coloro che professano tradizione assoluta e dall’altro quelli che si avvicinano e condividono gli ultimi trend.

Valentina Fruttauro