Retrospettiva su Alejandro Gonzales Inarritu

Alejandro Gonzales Inarritu è risultato il favorito nell’appena svoltasi cerimonia degli Oscar 2015, aggiudicandosi con il suo Birman ben Quattro statuette: miglior fotografia, miglior sceneggiatura originale, meglio regia e miglior film. Approfittiamo del meritato trionfo per una retrospettiva sulla sua filmografia, costellata di grandi successi. Nato il 15 agosto 1963 a Città del Messio, Inarritu è stato il primo regista messicano ad ottenere una nomination agli oscar come miglior regista. L’esordio sul grande schermo avviene nel 2000 con Amores Perros, un film crudo, diretto, con un giovanissimo Gael Garcia Berna che dimostra il suo talento al grande pubblico. Tre storie apparentemente prive di collegamento si intrecciano fatalmente in quello che è il primo capitolo della cosiddetta trilogia della morte. Il secondo episodio, 21 Grammi, uscito in sala nel 2003 segue la stessa scia, facendo incontrare attraverso una serie di eventi funesti i tre protagonisti: Sean Penn, Benicio Del Toro e Naomi Watts. Grazie a questo film Inarritu esce dai confini territoriali per affermarsi come regista di fama internazionale. L’ultimo capitolo della trilogia, Babel, esce nel 2006 e conferma il talento visivo e registi del messicano. Forse l’intreccio di storie più toccante dei tre ci porta in poli opposti nel emisfero per raccontare una storia universale, umana, che tocca il cuore. Biutiful (2010), segna un punto di rottura nella sua filmografia a causa della fine della collaborazione con il suo storico sceneggiatore Arriaga. Il film è diverso da quanto visto fino a quel momento, ma non risente minimamente della rottura. Introspettivo, profondo, affonda le sue radici nell’animo dello spettatore accompagnandolo mano per mano attraverso la storia del protagonista impersonato da uno straordinario Javier Bardem. Giungiamo quindi al 2014, l’anno di Birman, il film attualmente in lizza per gli Oscar. Su questa pellicola ho già speso parole encomiastiche, non resta quindi che incrociare le dita e tifare per questo immenso talento made in Mexico.

Andrea Ruberto