Quei fischi al Pocho tutt’altro che graditi. Una nota stonata che fa rabbrividire, un’immagine triste che chiude il campionato.

NON BASTA VINCERE – La festa già guastata a Bologna, che fa svanire dalle orecchie dei tifosi quella musichetta che tanto piace, si sposta al San Paolo. Per l’ultima di campionato si spera l’impossibile ma, si sa, i miracoli è difficile che accadano. Nel calcio tutto è possibile, ma l’Udinese ci ha messo poco a punire il Catania e portare a casa i suoi tre punti d’oro. All’Inter non è bastato l’entusiasmo del derby, stra-vinto la scorsa settimana, cade all’Olimpico contro una Lazio che vuole l’Europa. Nulla da dire, stavolta, agli uomini di Mazzarri, che sono tornati quelli di una volta, quelli umili e motivati. La speranza è l’ultima a morire, ma non è bastato vincere, non resta che accontentarsi dell’Europa League. Un Napoli che torna all’attacco senza Cavani che, fuori per squalifica, ha chiuso il suo campionato a Bologna. Assenti, per lo stesso motivo, anche Dzemaili ed Aronica, mentre sulla fascia sinistra torna titolare Dossena. E’ lui l’uomo partita che, preso dalla voglia di strafare, mette a segno la sua prima doppietta in serie A. Era un ricordo lontano il Dossena di ieri sera, eppure è bastato tenerlo in panchina per poco più di un mese per vederlo così motivato e agguerrito. Corre, dribla, si propone e centra la porta, forma fisica eccellente e concentrazione alle stelle. Nemmeno quella triste immagine del San Paolo lo scoraggia e distrae.

UN TRISTE SAN PAOLO – Esatto, proprio così. Ieri, forse per la prima volta nella storia del Calcio Napoli si è assistito ad uno scenario tutt’altro che piacevole. Quel popolo che ogni domenica riempie lo stadio per supportare i suoi uomini, era diviso a metà. Il motivo ha solo un nome: Ezequiel Lavezzi. La gente di Napoli non ha gradito le ultime voci e, ancor di più, il suo atteggiamento di queste ultime settimane. C’è chi lo vede già a Milano, chi pensa che in testa alle sue pretendenti ci sia il Psg, sta di fatto che il suo futuro è stato più volte accostato ad una città lontana dalla nostra. Lui, quell’ argentino che per cinque anni ha tenuto unita una tifoseria, che non ha mai smesso di applaudirlo. Lui che è riuscito a farsi amare e a diventare l’idolo di grandi e piccini. Lui, l’unico ad aver avuto l’onore di diventare l’erede di quel coro riservato, in precedenza, esclusivamente a Diego. Lui che con le sue serpentine e quella voglia di strafare ha sempre riacceso le speranze di un popolo che fa del calcio la più grande gioia di vita. Quel campo che l’ha visto crescere, soffrire, ridere, piangere e gioire, quel campo che è la casa di tutti e che non l’ha mai “tradito”, ieri si è trasformato. Una scena pietosa, che fa rabbrividire e lascia pensare. Si dice tanto che l’amore è per la maglia e non per chi la indossa, ma non si dimenticano facilmente le gioie che un uomo, venuto da lontano, ha potuto regalare in cinque anni di gloria. Dal Genoa al Chelsea, quell’uomo chiave, capace di portare a spasso intere difese c’è sempre stato. Un enorme sorriso stampato sul volto, un sorriso che da’ la carica. Quello di ieri non era che un sorriso amaro, un boccone difficile da mandar giù e 90’ non facili da gestire, sotto i fischi della gran parte del pubblico. Passare dal Paradiso all’Inferno in un attimo, non di certo una cosa facile. Allora c’è che si chiede: “Dov’è tutta quella gente che il 21 Febbraio faceva di lui un eroe? Dove sono finiti gli applausi e le lacrime di gioia che è riuscito a strappare alla folla?”.

IN ATTESA DEL VERDETTO – Una nota stonata che rovina l’ultima giornata di campionato. Non si può condannare un uomo per una scelta, per giunta, non ancora ufficiale. Ci sono cicli nella vita che prima o poi arrivano al giro di boa e finiscono. C’è bisogno di cambiare aria, di avere nuovi stimoli. E’ ovvio, nessuno manderà giù facilmente l’addio di un uomo che ha scritto un bel pezzo di storia azzurra, ma la stima guadagnatasi in questi anni sarebbe dovuta rimanere tale. Perché chi veramente gli è stato grato continua ad esserlo, ad applaudirlo e a ringraziarlo. Perché è anche grazie a lui che questo Napoli ha fatto passi da gigante. Perché è anche grazie a lui se la notte si è rimasti svegli a festeggiare e a piangere di gioia per successi imprevedibili e risultati entusiasmanti. C’è solo da dirgli Grazie, qualunque sia la scelta e ovunque vada. Grazie Pocho.