“Analfabetismo Emotivo” di Juna e Marco in mostra a Nola

Si terrà domenica 19 novembre alle 17,00, alla Chiesa Santi Apostoli (via San Felice, 15 – Nola), il vernissage della mostra fotografica “Analfabetismo Emotivo” di Juna e Marco, organizzato dall’associazione Oxeia in collaborazione con “Cultura A Colori”, media partner.

Dopo il grande successo ottenuto nella prima mostra avvenuta a luglio alla Casina Pompeiana di Napoli, i due artisti scelgono la città dei Gigli come seconda tappa della loro mostra itinerante.

L’evento, patrocinato dal comune di Nola e dall’associazione “CriminAlt” di Saviano, oltre ai due fotografi professionisti Juna e Marco, vedrà l’alternarsi di vari relatori, quali: Don Lino D’Onofrio, vicario della diocesi di Nola; la criminologa Mariarosaria Alfieri, Presidente dell’Ass. CriminAlt; il Prof. Carmine Cimmino, letterato, storico e cultore d’arte; l’attore e regista Gianni Sallustro, fondatore dell’Accademia Vesuviana del Teatro. Modera la giornalista di Julie Italia e direttore di “Cultura A Colori”, Sonia Sodano.

Il progetto fotografico “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millenio”, che sarà in mostra dal 19 al 25 novembre, ha riscosso l’interesse di grandi artisti come l’attrice Maria Bolignano e l’attore, regista e musicista Maurizio Casagrande, che ha così commentato:

“L’enorme possibilità di avere tutto, fa sì che poi alla fine non vuoi nulla. C’è bisogno che tutti, compresi gli artisti come me, facciano ricordare ai giovani quali siano le cose importanti della vita e quali no.”

L’intera presentazione sarà trasmessa in diretta su jmradio.it, web radio dell’associazione Oxeia.

Note dell’artista

Analfabetismo Emotivo è uno sguardo crudo e disincantato su un aspetto particolarmente deleterio del vivere d’oggi: l’anestesia della sensibilità cui molti soggiacciono, passivi e rassegnati. L’atmosfera surreale di cui le immagini sono intrise è una necessità estetica, funzionale alla finalità di denuncia, che è fondamento alla genesi dell’opera. Nel lavoro di Juna, tuttavia, la provocazione non è un elemento fine a se stesso, un espediente teso al solo scopo di spaesare, colpire ed affascinare. L’arte provocatoria delle immagini è strumento attraverso cui esse possono, si spera, riuscire a scuotere la coscienza dello spettatore. La società in cui viviamo è troppo spesso assurda,

astratta e devastante. L’Autrice, nella propria esposizione, si concentra sui giovani per la fragilità e la predisposizione ad essere plasmati, diventando inevitabilmente, più vulnerabili. In realtà il problema è alla radice. La devastazione inizia dal cuore della società: la famiglia. Quella di Juna non è certo la prima, né sarà l’ultima, voce a levare un doloroso atto d’accusa verso quest’angosciante deriva sociale, ma se le voci di denuncia si accorpano, magari nasce un coro deciso, capace di scuotere gli animi. In quanto fotografi ed operatori multimediali, Juna e Marco soggiacciono ad una naturale predisposizione all’osservazione analitica dei propri simili, a scrutare le loro emozioni, e catturarle in uno scatto.

Sarebbe stato fin troppo facile soffermarsi sui gesti quotidiani, catturare le scene di vita vera, nelle strade e nei luoghi di celebrazione quotidiana dei riti sociali. Lì, dove si verifica e si palesa lo stato di disagio del homo sapiens, in questo incipit del terzo millennio. Un’idea ancor più sotterranea sottende ai concepts alla base dei quindici scatti di questo racconto: che tutto il malessere presente nella nostra attuale società sia frutto dei disegni, delle attività di poteri oscuri che operano al di là della nostra portata. (Juna)

Biografia degli artisti:

Juna e Marco si occupano d’arte a 360 gradi, con un occhio particolare alle realtà presenti sul territorio campano. Specializzati in arti visuali e performative, sono sempre presenti per prestare supporto per qualsiasi forma artistica venga proposto sul territorio.

Juna inizia come fotografa paesaggista, ma il suo spirito curioso ed introspettivo la spinge presto verso la fotografia di strada, la cosiddetta “street photography”, alla ricerca estetica dell’universale nascosto nelle pieghe del quotidiano. Divenuta professionista nel campo della ritrattistica e della documentazione di eventi, si dedica sempre più frequentemente alla fotografia di scena prendendo parte in tale veste a varie produzioni teatrali, televisive e cinematografiche. Viene così in contatto con entrambi i mondi, il ché la spinge ad approfondire gli aspetti connessi con le arti performative partecipando ai corsi dell’Accademia Vesuviana del Teatro del Maestro Gianni Sallustro, prendendo parte alle lezioni di docenti del calibro dello stesso Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Matrocinque. Partecipa quindi nel luglio del 2106, in ruolo di coprotagonista, alla messa in scena de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” tratto da “Le DinDon” di Feydau, con adattamento e regia di Gianni Sallustro, presso il teatro “Di Costanzo-Mattiello” di Pompei (NA). Resta però, fedele al grande amore artistico della sua vita: la fotografia. Il suo percorso l’ha avvicinata, in quest’ultimo periodo, all’esplorazione di tematiche sociali particolarmente legate alle difficoltà di comunicazione e comprensione tra gli esseri umani. Prende forma così, intorno alla metà del 2016, il suo ultimo progetto, significativamente denominato “Analfabetismo emotivo”, che sarà oggetto di una serie di mostre itineranti.

Marco si avvicina alla fotografia grazie al suo coinvolgimento, come cofondatore, nelle attività di una testata giornalistica locale. Tra i compiti assegnatigli, oltre a quello di scrivere ‘pezzi’ di cronaca, vi è quello di fotoreporter e compositore delle pagine (attività molto prossima all’artigianato, essendo ancora alle soglie dell’epoca in cui il computer sarebbe diventato personal). Finita l’avventura giornalistica, resta l’innamoramento per la fotografia, innamoramento che sarebbe divenuto col tempo vero e proprio amore. Con un percorso forse più diretto, stanti le proprie origini di fotogiornalista, anche Marco si dedica alla fotografia di strada. Fotografo professionista, pur mantenendo intatto la passione per la fotografia, comincia ad esplorare altri ambiti, in particolare, la cinematografia, cimentandosi da entrambi i lati della macchina da presa e nella scrittura. Con Juna prende parte alle lezioni di teatro e cinema di Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Mastrocinque. Sempre con lei è coprotagonista de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” al Di Costanzo-Mattiello. E’ protagonista, per la regia di Nunzio Della Marca, del cortometraggio “Un Padre”. E’ coprotagonista nei cortometraggi “Ricordo di Mille Notti”, “La Casa delle Bambole” e “L’Ostacolo più Grande”, diretti rispettivamente dalle cineaste dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli Mariacarmen Fiorenza Ranieri, Imma Crispo e Antonella Correale. Cofondatore, con Juna,

dell’Associazione Culturale Oxeia, ha tra i propri progetti a breve termine corsi di fotografia e cinematografia con tecniche analogiche (perché quest’arte non abbia a perdersi), un documentario su manifestazioni social-musicali del meraviglioso e spesso misconosciuto territorio dell’entroterra casertano ed un cortometraggio di indagine sociale basato su una storia.