NAPOLI – «Il divario economico non è più una riga nei report: in provincia di Napoli può bastare un affitto che aumenta o un contratto che salta per spingere un’intera famiglia oltre la soglia della povertà – e parliamo di oltre il 21 % dei nuclei campani, terzo dato peggiore d’Italia dopo Calabria e Puglia» osserva Enrico Ditto, responsabile Formazione e Lavoro di Azione in Campania, citando l’ultimo dossier regionale sulla povertà.
Nel 2024 la rete Caritas ha registrato in Campania 13.800 persone assistite, con 158 centri di ascolto attivi e oltre cento volontari impegnati ogni giorno: «Significa quattro famiglie prese in carico ogni mille residenti; un termometro che sale appena si taglia un sussidio o si perde un lavoro», sottolinea Ditto. La risposta, spiega, non può limitarsi a erogare trasferimenti monetari: «Servono percorsi di inclusione attiva che uniscano formazione mirata, orientamento professionale e tutoraggio all’avvio di micro-impresa. È l’unico modo per riportare dentro chi è ormai lontano dal mercato del lavoro».
Sul fronte dei servizi, Ditto ricorda che il PNRR destina al Comune di Napoli 145 milioni di euro per 23 progetti di coesione e inclusione sociale: «Soldi già stanziati, che devono tradursi in centri di comunità, cohousing per anziani fragili, sportelli di prossimità nei quartieri con più disagio». L’architettura, avverte, va completata con un’alleanza stabile fra Comuni, terzo settore e cittadini: «Gli operatori sul campo intercettano prima di tutti i nuovi bisogni; il nostro compito politico è dare continuità economica e normativa a quello che già funziona, non inventare progetti calati dall’alto».
«Inclusione non è un evento, ma un processo quotidiano. Ogni euro investito in formazione, accesso alla casa e servizi di quartiere riduce la spesa sanitaria e giudiziaria di domani. Se non lo capiamo adesso, il conto arriverà comunque, ma sarà pagato in solitudine da chi è già più debole», conclude Ditto.