Il manoscritto di Leopardi: Napoli, culla dell’inedito

Proprio ieri la notizia: il ritrovamento del quadernetto di Giacomo Leopardi, che scrisse appena sedicenne, in quel di Recanati. Reperto della Biblioteca Nazionale di Napoli, il quadernetto che contiene appunti, scritti dell’allora giovane poeta, è stato ritrovato e studiato dai ricercatori Marcello Andria e Paola Zito che hanno espresso a tal proposito: Un’emozione fortissima, si conferma un genio assoluto”.

 Nel ricordare che Leopardi visse l’ultima parte della sua vita presso l’amico napoletano Antonio Ranieri, non ci è difficile dunque pensare che si tratti di destino: altro ritrovamento leopardiano nella Biblioteca partenopea della nostra amata Napoli. L’edificio bibliografico oltre a ciò, contiene anche i famosi “L’infinito” e alcune pagine del diario “Zibaldone ma con questo altro scritto inedito, non sarà difficile comprendere ancor più un poeta che nel tempo è sempre stato presente nonostante sia venuto a mancare dall’ormai 1837.

L’amico Ranieri ha tenuto con sé, per anni, gli scritti dell’amico defunto, per poi fare il lascito testamentario alla Biblioteca di Napoli ma non con le dovute difficoltà. Vi sono state infatti delle controversie giudiziarie che hanno impedito l’immediato inserimento delle opere del poeta all’interno della Biblioteca ma fortunatamente, poi, nel 1907, il tutto ha preso forma e destinazione.

Per i ricercatori, per le università, per il mondo della ricerca letteraria e della critica letteraria, sicuramente questa scoperta ha avuto il suo peso e la sua importanza ed è da considerare un ritrovamento degno di nota come tutti i risultati di questo tipo che avvengono tramite i ricercatori e gli studiosi delle scienze umanistiche.

Grazie a questo enorme contributo, Napoli diviene nuovamente il centro delle scoperte, riesce a mantenere il suo equilibrio intellettuale tra ricerca scientifica e umanistica e sicuramente, in questo modo, si afferma come città che non dorme mai, neanche tra le mura delle biblioteche e dei centri, archivi, edifici ricchi di tutta quella cultura che ha solo bisogno di essere sfogliata, spolverata e rimessa al mondo.

 

A cura di Teresa Beracci