Il Clan Sibillo, uno dei gruppi camorristici del centro di Napoli gestito dal 2013 al 2015 da due fratelli, ovvero Pasquale ed Emanuele Sibillo, sono stati colpiti dai carabinieri. I giovani fanno parte della “paranza dei bambini” e loro assieme ad altri partecipanti del gruppo sono tutti molto giovani e nel giro di poco tempo sono diventati baby killer e baby boss.
Sono stati 21 le persone arrestate tramite l’intervento delle forze dell’ordine e tra le accuse vi era quella legata all’associazione di tipo mafioso, sfruttamento della prostituzione, estorsione, ecc.
Il baby boss Emanuele Sibillo è morto a soli 19 anni e durante l’operazione dell’urna funeraria, un agguato è avvenuto vicino al Castel Capuano, proprio nei pressi di uno spazio comandato dalla famiglia “Buonerba”, quest’ultimi sono nemici dei Sibillo. L’urna è stata prelevata da un altare dedicato alla Madonna al civico 26 di via SS. Filippo e Giacomo a Spaccanapoli.
Coloro che facevano parte della famiglia Sibillo hanno protestato contro le forze dell’ordine, provando a ribellarsi e sostenendo che quella era una proprietà privata ma i carabinieri hanno fatto forza rimuovendo i simboli dedicati al ragazzo. Nella cappella è stata trovata una testa dedicata ad Emanuele e lungo i Decumani del centro storico di Napoli ci sono anche diversi simboli proprio dedicati a lui.
Le indagini dei Carabinieri hanno riportato un fatto che riguarda un negoziante dei Decumani: quest’ultimo dovette pagare il “pizzo” costretto dagli estorsori e poiché questi erano parte del clan, vicino l’altare della Madonna, costrinsero l’uomo ad inginocchiarsi dinanzi al busto del baby boss.
Quest’esempio poc’anzi raccontato è una dimostrazione vera e cruda della “gioventù bruciata”, quella che per seguire il codice d’onore delle famiglie appartenenti finisce per perdersi le cose più belle della vita.
Marianna Amendola