I teatri napoletani accendono le luci: il teatro non deve morire

Napoli, stasera, come anche altre città d’Italia, lascerà accesa la luce dei teatri e gli stessi edifici aperti per protestare contro la chiusura dei luoghi dell’arte. Tecnici, attori, costumisti, sceneggiatori e registi, scenografi e produttori sono stati messi in ginocchio dall’industria culturale da ben quasi un anno.

E’ una situazione amara e disumana e per questo i teatri più messi in ginocchio dalla crisi dovuta alla pandemia, hanno deciso di dire la loro, ma con la luce, con un faro, con un registro all’ingresso delle sale per lasciare che un passante mostri il suo senso di appartenenza con una dedica nei confronti di un luogo che ormai non respira più.

 

Dalle 19 alle 21, stasera, chi vorrà aderire, accenderà le luci. La città partenopea partecipa all’iniziativa tramite il teatro Diana e il Mercadante, anche Venezia col Goldoni e la Fondazione Donizetti di Bergamo. Insomma, un po’ tutta la penisola si lega a questa grande ed importante causa che vede coinvolti troppi esseri umani, vittime di una crisi che non riesce più a frenarsi, non ci sono tutele né parole spese al fine di dare garanzie, tutto tace e intanto il tempo passa e milioni di lavoratori, famiglie, artisti si chiedono cosa ne sarà, cosa resterà del sapore di un’opera teatrale e di una platea gremita di spettatori?

 

Un grido luminoso, una protesta che sa di luce forte e ben accesa, un modo per esprimersi, uno strumento, l’illuminazione, per parlare attraverso i soffitti e le pareti di edifici vuoti da troppo tempo, con palcoscenici che non sono più gli stessi e con poltrone rosse che stanno perdendo la loro vivacità quasi percepissero l’assenza di tutto il bello che una volta esisteva in una sala teatrale.

 

Sulla pagina Facebook del teatro Diana, un post di commozione e speranza per invitare le persone ad appoggiare questa causa: “Il Teatro è di tutti. Ne sentiamo la mancanza, è spento. Per questo, stasera tra le 19.30 e le 21.30, anche il TEATRO DIANA tornerà ad illuminarsi”.

 

Teresa Beracci