La Galleria Toledo presenta “Madame Bovary”, di Luciano Colavero con Chiara Favero

Vincitore della sesta edizione di Stazioni d’Emergenza, lo spettacolo “Madame Bovary” è di scena al teatro Galleria Toledo dal 24 al 26 marzo 2017. Drammaturgia e regia Luciano Colavero, con Chiara Favero. Scene Alberto Favretto Marcello Colavero; suono Michele Gasparini; luci Elisa Bortolussi; costumi Stefania Cempini; foto di scena Paolo Porto. Organizzazione Simona Rossi, produzione Strutture Primarie. Powered by SMartIt.

Il teatro si costituisce sull’operato del corpo dell’attore. Il gesto non esiste in quanto fine a se stesso, ma si sovrappone al progetto drammaturgico, che gravita virtualmente attorno alla stessa sostanza fisica del materiale scenico; è così che prende forma, per precisa volontà del dramaturg, l’evento della messa in scena.
A partire dalla visione critica di Gustave Flaubert, che già nel 1856 (in questo romanzo che fu al centro di un noto processo per oltraggio alla morale) intuiva i limiti dei modelli sociali racchiusi nel mito borghese, l’allestimento di Madame Bovary, come concepito dal regista Luciano Colavero, è anche riflessione prossemica sul corpo dell’attore, ovvero la relazione e interazione tra il soggetto e la dimensione spaziale in cui esso è immerso. La protagonista è un corpo imprigionato dal desiderio, che trova habitat ideale in un stretta pedana, spazio limitato e claustrofobico, atto a raccontare allo spettatore la prigionia di una identità ossessionata dal desiderio di essere “altro da ciò che si è”.
L’eccellente interpretazione di Chiara Favero fa sì che Emma Bovary si comporti come un animale costretto in una gabbia, tormentata dalla noia di un’esistenza insulsa, schiava della compulsività bulimica espressa dal disordine alimentare e sessuale simboleggiante il desiderio negato, ridotta sul lastrico dalla spinta consumistica che vuole nell’affanno per il possesso degli oggetti l’ottimale definizione della scalata sociale verso uno status ideale irrealizzabile.
Emma acquista, mangia e soffre smodatamente, impotente di fronte alla ricerca di un appagamento impossibile. La vorace Emma, nell’affanno della sua corsa verso la ricerca di una felicità utopica, ispirata dal modello ideale delle eroine sentimentali dei romanzi di cui è avida lettrice, divora arsenico rubato per trovare nell’agonia auto-inflitta l’unico segno verace del suo esistere: il suono vivo e pulsante del suo stesso cuore dolente.

MADAME BOVARY

«Il cuore umano non si allarga che con un taglio che lo squarcia.» Gustave Flaubert (da una lettera a Louise Colet del 13 agosto 1846).
Quando immagino madame Bovary vedo una donna che ha fame, vedo una donna drogata di desiderio. La sua droga non sono gli oggetti, la sua droga è l’immagine, la visione, il sogno di ciò che non possiede. Lei vede qualcosa che non ha, lo desidera e corre. Se può permettersi di comprarlo lo compra. Se non se lo può permettere s’indebita e lo compra lo stesso. Se non può comprarlo neanche indebitandosi fino al collo si ammala di desiderio e d’invidia. Il desiderio l’avvelena, ma nello stesso tempo la rende viva. Lei vuole l’impossibile e questo la rende viva, perché i desideri realizzati sono desideri morti. Perché soltanto l’impossibile è degno di essere desiderato“.
«La più bella delle donne non è più tanto bella sul tavolo anatomico.» (da una lettera a Ernest Chevalier del 24 giugno 1837)
Una donna entra correndo. La sua casa è vuota, è stata pignorata. Hanno messo le mani dappertutto, hanno portato via tutto. Sul palco c’è una pedana lunga e stretta. Nient’altro. La donna entra correndo su quella pedana. Ha le mani piene di arsenico, rubato in farmacia, e mettendosi spudoratamente in mostra divora il veleno, per iniziare a morire. È la sua grande occasione. Si accorgeranno tutti, finalmente, che lei esiste. È così che inizia lo spettacolo, con una donna che corre dentro e inizia a morire. E le mosche che le ronzano intorno. E lei che continua a morire per un’ora intera. E noi che la guardiamo“.
«Il futuro era un corridoio tutto nero. In fondo c’era una porta chiusa, ben chiusa.» (da Madame Bovary)
In scena non c’è niente. Soltanto un corridoio, un confine, una lama di rasoio, una passerella, un trampolino, un luogo da cui spiccare il volo, una fessura, uno strappo, un taglio attraverso cui infilarsi e scivolare via, un punto di contatto, una via, una strada, un sentiero da percorrere e una donna che vuole essere qualcun altro, un’attrice, su un palcoscenico troppo stretto per recitare, una semplice pedana di legno e ferro, troppo stretta per correre, troppo stretta per volteggiare, e dalla quale potrebbe cadere in ogni istante. Quando si lavora con poche cose, quelle poche cose diventano estremamente importanti. La pedana non è un oggetto di scena. Trasforma la natura del palcoscenico stesso, impedisce certe azioni e ne consente altre, rende il palco impraticabile, inagibile. Il palco spoglio dialoga con l’attrice, entra in conflitto con lei. Palco e pedana, insieme, diventano un mondo. Questo mondo sta di fronte a un altro mondo, opposto al primo: è la sala-voragine, dove tutto si perde nel buio. E in fondo a quel buio, forse, c’è Charles Bovary, paralizzato nella sua nullità.
«La sala anatomica dell’Ospedale dava sul nostro giardino; quante volte con mia sorella ci siamo arrampicati sul pergolato e, sospesi tra i pampini, abbiamo osservato pieni di curiosità i cadaveri esposti; il sole vi batteva sopra, le stesse mosche che svolazzavano su di noi e sui fiori andavano a posarvisi, tornavano verso di noi, ronzavano.» (da una lettera a Louise Colet del 7 luglio 1853)
Emma entra correndo. Correndo sulla pedana. Su quella linea retta, senza possibilità di fuga, percorre la vita che le rimane. Avanti e indietro. Fino alla fine. Mentre le mosche ronzano. Mentre Charles, forse, l’ascolta “dall’altra stanza”, senza fare niente. Mentre io la guardo dal buio della sala, insieme agli altri spettatori, senza fare niente. La guardo mentre la fa finita. La guardo mentre finisce di farla finita. Fino all’ultimo battito del suo cuore.” (Luciano Colavero)

MADAME BOVARY 2

Orario rappresentazioni: martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 20.30 – mercoledì alle ore 18.00.

Galleria Toledo, teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34
80134 Napoli

Per info: 081.425037 – galleriatoledo.info – segreteria.galleriatoledo@gmail.com.

Ester Veneruso