A Sala Ichòs “Non mi vestivano mai di rosa” di Giulia Lombezzi, regia di Delia Rimondi

Dal 3 al 5 febbraio a Sala Ichòs Teatro dei Topi presenta “Non mi vestivano mai di rosa” di Giulia Lombezzi in collaborazione con Alessandro Enrico Iuliano, per la regia di Delia Rimondi, con Elena Scalet e Alberto Zambelli.
Uno singolo spettacolo dove confluiscono due distinti segmenti che hanno dato il titolo a questa stagione. Il Nuovo dei Nuovi è rappresentato dalla compagnia Teatro dei topi, che per la prima volta va in scena a Sala Ichòs, e dall’altro lato abbiamo il Nuovo dei Ritorni con Giulia Lombezzi che torna, stavolta come autrice, dopo essere stata conosciuta e apprezzata come attrice in Diario di un’ape operaia, prodotto da Ilinx Teatro.

Un utero. Due embrioni. Due possibilità: maschio o femmina. Gonadi che diventeranno ovaie, oppure gonadi che diventeranno testicoli. Ma soprattutto, anatomia a parte, esseri umani che avranno il proprio cammino segnato. Meglio essere preparati? Meglio saperlo? O meglio buttarsi alla cieca nel mondo reale? Forse meglio prima fare delle simulazioni per comprendere davvero cosa riservi loro il destino. Inizia così Non mi vestivano mai di rosa, con due feti ancora indifferenziati che vengono catapultati in una serie di simulazioni organizzate dalla “Direzione dell’utero” per far comprendere ai futuri esseri cosa vuol dire “vivere una vita da maschi” e cosa vuol dire “vivere una vita da femmine”.
Ma come tutte le simulazioni non sempre le cose vanno come devono andare e le esercitazioni si possono trasformare in un vero e proprio esperimento dalle potenzialità incontrollabili.
Il genere sessuale, come i propri familiari, come il colore degli occhi, come l’altezza, non si può scegliere. Viene attributo alla nascita dal destino, dal fato, dalla sorte, come un’etichetta indelebile stampata sulla propria anima tirata a sorte da una lotteria cosmica. O forse è attribuito da un calcolo quantistico che segue leggi precise e immutabili. Ma a noi non viene dato di sapere. A noi, semplici essere umani, viene solo indicata una strada che una volta tracciata è impossibile abbandonare, fatta di colori, di passioni, di modi di fare, di inclinazioni predefinite, assodate, riconosciute.
Ma l’essere umano non ama le costrizioni. Non ama i vincoli. E nella storia della propria evoluzione ha sempre cercato di ampliare i propri orizzonti, di scappare dalle regole fisse, di ingannare le restrizioni. Per quello viene chiamata evoluzione. Anche se oggi, l’uomo, il protagonista della società moderna, questa sua pulsione l’ha dimenticata. L’ha messa in un angolo.
Maschio o femmina. Questo è il dilemma. Se sia più nobile nella mente accettare la scelta dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di dubbi e, ribaltandoli, porre loro fine?
Non mi vestivano mai di rosa è un’occasione per capire se, da qualche parte dentro di noi, l’oltraggiosa fortuna ci ha giocato un brutto scherzo attribuendoci un genere sessuale che forse non era il nostro, oppure per comprendere, fino in fondo, che non potevamo essere nient’altro che quello che siamo. Indipendentemente da quello che siamo.

 

Note sullo spettacolo
C’è un momento di sospensione prima di ogni tuffo. Di ogni dichiarazione d’amore. Di ogni rischio. C’è una sospensione prima che si apra un sipario, prima di firmare un documento, di scegliere un sentiero, prima di aprire bocca e dire sì o no.
Non mi vestivano mai di rosa esplora il tema dell’identità di genere a partire da un momento di sospensione che definirei scientifico: il momento, nella vita dell’embrione, appena prima che se ne sviluppi il sesso.
Mi è capitato spesso di leggere il termine “riassegnazione sessuale”, e mi ha colpita immaginare che il sesso non sia altro che questo, qualcosa che subiamo, un elemento che a un certo punto ci viene assegnato casualmente e inesorabilmente, come una matricola enpals o un numero di telefono.
Ma cosa succede prima di quest’assegnazione? Chi siamo prima di diventare un lui o una lei? E che cosa ci aspettiamo da questo istante fatidico dove il rilascio di un determinato ormone indirizzerà per sempre il nostro destino?
Questa storia è un’esplorazione di tali domande, ambientata in un mondo surreale e fantascientifico alla Ballard, un Utero – Sala d’Attesa, dove due embrioni aspettano la leggendaria Sesta Settimana di Gestazione dopo la quale cambierà tutto.
I personaggi vengono calati in una serie di simulazioni di cosa vuol dire vivere con un’identità sessuale, catapultati in situazioni comiche, drammatiche, poetiche e quotidiane, che abbordano alcune delle mille sfumature del rapporto con il proprio e con l’altro sesso, alla ricerca di un confine che forse, in fondo, non ha nemmeno ragione di esistere. Giulia Lombezzi

Orario spettacoli: venerdì e sabato ore 21 e domenica ore 19.

Sala Ichos
Via Principe di Sannicandro 32 – San Giovanni a Teduccio (NA)
Fermata metro linea 2: San Giovanni a Teduccio – Barra.
Lo spazio è dotato di parcheggio ampio e gratuito.

Info e prenotazioni: 335.7652524 – 335.7675152 – 081.275945 (dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20 – domenica dalle 10 alle 17)

Ester Veneruso