Lavoro: tra disoccupazione e precariato imperversa la raccomandazione. Eppure c’è chi ancora oggi rifiuta le offerte di inserimento.

Da una ricerca delle Acli nazionali emerge che al sud il lavoro, per il 66% dei giovani, può arrivare solo grazie all’aiutino. Mentre dal Ministero del Lavoro e Unioncamere fanno sapere che a Napoli e in provincia nel trimestre marzo – gennaio 1 posto di lavoro su 7 è stato rifiutato soprattutto nei settori della ristorazione e del turismo, ma anche trasporti e Assistenza fanno registrare un calo nella domanda. 

Sembra quasi la scoperta dell’acqua calda ci verrebbe da dire leggendo i dati che provengono da un indagine realizzata in Campania, Calabria e Sicilia dal Dipartimento Welfare delle Acli nazionali (dal titolo “Giovani, lavoro e legalità” e che verrà presentata domani nel corso del Congresso regionale delle Acli della Campania, presso il parco delle nuove terme di Telese) che porta alla luce un dato che di certo non suscita scalpore e tantomeno risulta essere una novità nel nostro bel Paese: per il 66% dei giovani del Sud Italia (e di Napoli e provincia) il lavoro si può trovare solo grazie a raccomandazioni (lo afferma il 56,5% del campione), mentre per il 90% la crisi accrescerà il lavoro nero. Se non si tratta di sfiducia nichilista allo stato puro poco ci manca. I giovani napoletani in particolare si mostrano oltremodo sfiduciati e ben consapevoli che, al di la di un ragionamento o sistema meritocratico, si può aspirare ad un buon posto di lavoro solo con la spintarella del politico di turno o del familiare importante, i soli ad essere in grado di poter far prendere il volo ad un curriculum vitae che altrimenti resterebbe nell’anonimato. E così – come per miracolo – ecco che le aziende accrescono i loro organigrammi portando le nuove leve (che spesso non sarebbero in grado nemmeno di fare pulizie nei servizi igienici delle stesse aziende) in settori già saturi arrivando poi, molto spesso, dopo qualche anno al collasso e alla necessità di ricorrere a miserabili strumenti per abbattere la crisi come i licenziamenti coatti e le messe in liquidità. Di celebri esempi di questo tipo ce ne sarebbero a migliaia, non farebbero nemmeno più notizia. Quello che stupisce, piuttosto, è la presa di coscienza dei giovani del sud e di Napoli e provincia in generale, i quali mostrano una disarmante sfiducia verso il mondo del lavoro e della trasparenza tra domanda e offerta nel perverso meccanismo delle assunzioni. Consapevolezza che porta a decisioni scontate come quella della presa in considerazione del trasferimento all’estero (79% dei casi). Per l’82% degli intervistati, il triste fenomeno del lavoro nero incide in maniera decisiva nella propria regione e inoltre viene anche associato alle attività illecite della criminalità organizzata.

Dall’altro lato emerge anche un fenomeno completamente in antitesi con quello dello sconforto giovanile in tema di lavoro. Anche il nostro ex premier lo diceva (probabilmente però senza rendersi nemmeno conto di ciò che esternava) che la crisi era solo un mezzuccio della sinistra per far cadere il Governo, che i giovani italiani stavano bene e che pizzerie nei fine settimana erano sempre piene. Ma che si arrivasse anche a rifiutare il lavoro non se lo aspettava nessuno. Infatti, con la crisi attuale e con la disoccupazione e il precariato che imperversa senza sosta c’è (sempre a Napoli e in tutta la provincia) chi si permette il lusso di rifiutare un posto. Cose da pazzi – verrebbe da pensare – ma tant’è, non si tratta di uno scherzo o dato erroneo: nell’ultimo trimestre (gennaio – marzo 2012) 1 posto di lavoro su 7 è stato totalmente rifiutato dalla (vasta) domanda, tanto da creare in molti casi veri e propri vuoti all’interno delle aziende offerenti. Incredibile ma vero, soprattutto in virtù del fatto che a Napoli i disoccupati sono 166mila circa, con un tasso altissimo che si attesta al 17,8% rispetto alla forza lavoro complessiva. Questo fenomeno sta investendo per lo più i settori del turismo e della ristorazione che proprio in questo periodo hanno bisogno di nuove leve per far fronte alla crescente richiesta stagionale. Gli stucchevoli dati (riguardanti l’intero sistema lavoro) provengono direttamente dal sistema Excelsior gestito da Unioncamere e Ministero del Lavoro e nello specifico si apprende che l’offerta generale, solo per quel che concerne il territorio napoletano, è di 6110 posto di lavoro offerti: di questi 855 sono rimasti vacanti a causa della indisponibilità di addetti nei settori (si tratta del 14% del totale dell’offerta, ossia di 1 posto su 7 non occupato da nessuno). Per quel che concerne i due settori “in crisi” di manodopera si evince che su 549 offerte di lavoro ben 334 sono state rifiutate (il 61% di ristoranti ed alberghi non sono riusciti a trovare manodopera), resta da capire se per mancanza di esperienza posseduta dai candidati o dalla poco attraente paga offerta. Altri due settori che fanno registrare dati analoghi (anche se con percentuali molto più basse – intorno al 10%) sono quelli dei “Servizi alle Persone” (assistenza e cooperazione) e quello del trasporto e della logistica. Nel primo caso sono state rigettate in tre mesi 94 offerte su un totale di 630, nel secondo 54 posti sui 366 offerti sono rimasti vacanti. In Campania in generale si scopre che l’andamento è pressoché analogo a quello partenopeo dove il trend conferma lo stesso andamento da manicomio: su 10.800 posti di lavoro messi a disposizione dalle piccole – medie imprese (ma in alcuni casi anche grandi imprese) in 1.620 casi l’offerta non è stata presa in considerazione facendo registrare un tasso di indifferenza al lavoro che si avvicina al 15%.