Fai bei sogni- Il dolore di una vita

Massimo ha soltanto nove anni quando perde il suo legame affettivo più forte, la mamma. La reazione spontanea del bambino è quella del rifiuto: non accetta che sua madre possa essere andata via di punto in bianco, senza neanche trovare il tempo di salutarlo. Si rifugia così in un mondo immaginario, chiedendo aiuto a Belfagor, una delle incarnazioni del diavolo, affinché faccia tornare indietro la donna. Scoprirà presto che né la domestica, né alcun’altra figura femminile potranno essere surrogato dell’affetto perduto. Questo è solo il primo passo di un lungo percorso di comprensione ed accettazione del lutto che si snoderà fino ai suoi 43 anni, quando, ormai certo di aver superato il dolore, dovrà tornare inaspettatamente a farci i conti. La pellicola prosegue attraverso una sequenza temporale non regolare, rimbalzando tra la Torino degli anni ’60 e quella dei ’90, alternando i momenti dell’infanzia a quelli della maturità e dell’affermazione di Massimo come giornalista.

Fai bei sogni, il nuovo film di Marco Bellocchio, trasposizione dell’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, giornalista de La Stampa, è la storia dell’autore e del suo dolore. Un dolore che sotto i nostri occhi vediamo maturare negli anni insieme a lui e rimanere al tempo stesso immutato, perché se è vero che si va avanti e che la vita prosegue, il trauma resta sempre lì, assopito, pronto a tornare in superficie.
Nella rivelazione finale, infatti, il suo rigetto sarà sovrapponibile a quello provato a nove anni per la scomparsa della madre.
L’andamento del film è altalenante: se gli anni dell’infanzia stentano a decollare ed in alcuni tratti risultano molto lenti, quelli dell’età adulta sono coinvolgenti, veri, merito soprattutto di un bravissimo Valerio Mastandrea calato perfettamente nella parte, che provoca un’inevitabile empatia nello spettatore. Ad accompagnare la pellicola le incalzanti musiche di Carlo Crivello, che creano un’atmosfera sospesa, sempre sull’orlo del colpo di scena. Obiettivo quasi centrato questa volta per Bellocchio, dal quale ci si aspetta un cinema di altissima levatura.

Andrea Ruberto