Storia di Napoli & antichi mestieri: l’acquafrescaio e la sua “mummarella”

Napoli, città dalle mille risorse, anche naturali, forniva fino a qualche decennio fa i suoi cittadini d’una rara e preziosa fonte d’acqua minerale sulfurea, un tesoro che per secoli ha dissetato, rinfrescato e ritemprato il popolo napoletano. La  cosiddetta acqua “d’e mummarelle”, presente da sempre a pochi passi da Santa Lucia, era ritenuta un’autentica panacea per molti dolori fisici.

Santa Lucia, antichissimo borgo di pescatori nato tra il monte Echia e le arcaiche grotte platamoniche, con il pasasare dei secoli, l’aumentare della popolazione e la crescita di Napoli, subii profondi mutamenti fino ad essere completamente inglobato nel resto della città. Ma Santa Lucia è sempre stata preziosa per i napoletani, soprattutto grazie a quest’acqua “miracolosa” che si vendeva e si beveva ovunque e non solo in città. La fonte, infatti, rinfrescava anche tanti pellegrini che la visitavano scendendo una grande scalinata, creata appositamente per facilitare la raccolta d’un acqua unica,  presente solo in quest’oscura grotta dove il rumore delle acque faceva da sottofondo alle urla dei tanti venditori che, grazie anche ai loro carrettini, rifornivano altre città come Capua, Torre del Greco e Caserta, di questo preziosissimo liquido.Il mestiere dell’acquafrescaio nacque grazie ai Luciani che, di fatto, nei secoli scorsi maturarono intere fortune vendendo, soprattutto d’estate sulla Riviera di Santa Lucia, bicchieri colmi di quest’acqua miracolosa.

Chiunque all’epoca, passeggiando per “la Riviera”, poteva imbattersi in un folto gruppo di venditrici d’acqua sulfurea che offrivano ai viandanti  i loro bicchieri colmi d’acqua frizzantina. I Luciani, storicamente, chiudevano nell’ultima domenica d’agosto il loro lucroso lavoro annuale con un festa celebrata in onore della Madonna della Catena. I Luciani, che avevano l’abitudine proprio in questa  festività di tuffarsi, come rito propiziatorio, nelle acque della Riviera, facevano la stessa cosa con chiunque passasse per quelle strade. Possiamo quindi affermare, con una buona dose di certezza, di aver finalmente scoperto come sono nati i famosi “gavettoni”.