La Galleria Toledo e l’Accademia di Belle Arti presentano il progetto teatrale “Il Calapranzi”

I bravissimi interpreti, Agostino Chiummariello e Marcello Romolo si apprestano a dare il via all’anno 2016 della stagione artistica di Galleria Toledo, interpretando Ben e Gus ne “Il Calapranzi” di Harold Pinter, per la regia di Tonino Di Ronza e Simona Schiavone. Lo spettacolo, prodotto dall’Accademia di Belle Arti di Napoli in collaborazione con Galleria Toledo e Aula 105, è realizzato all’interno di un ampio progetto formativo della scuola di scenografia, cui scopo e vanto è far familiarizzare – in un serio e concreto approccio – gli studenti dei corsi di laurea collegati alle arti sceniche, con i mestieri del teatro. Alla Galleria Toledo dal 12 al 17 gennaio.

Nell’ambito della drammaturgia contemporanea, Harold Pinter è un autore enormemente amato.
Pinter usa il testo teatrale procedendo con lucidissima visione al racconto della condizione umana, che affronta attraverso i mezzi del contrasto e del paradosso. E’ importante non ignorare l’attività di regista e attore del drammaturgo britannico, e ancor più il costante impegno politico antimilitarista e non-violento, per meglio comprenderne il punto di vista autoriale e la cifra stilistica della scrittura.

calapranzi 1

La forza del testo “Il Calapranzi” – opera del 1957, che paga tributo al dettato beckettiano – è nella costruzione, qualità comune anche alle altre sue opere, non necessariamente giovanili: la scelta di porre i personaggi, di cui evidenzia ed esaspera il carattere psicologico, in ambienti claustrofobici; il gioco delle parti condotto grazie al flusso narrativo di dialoghi esasperati, perfetti nella superficialità del chiacchiericcio tra Ben e Gus; l’attivazione di un terzo fantomatico personaggio, Winston, il mandante, che, nella sua invisibile e onnisciente presenza, si manifesta nel movimento verticale del “calapranzi“, un montacarichi reso genialmente in inglese con “the dumb waiter“, anche traducibile letteralmente come “il cameriere muto“.
A ben cercare, tracce della lezione di Pinter, che è premonitore dell’insensata deriva dell'”uomo schizoide del ventunesimo secolo“, le troviamo anche nel cinema di Quentin Tarantino, nelle parole e nei comportamenti dei personaggi de “Le iene” e di “Kill Bill“, dove la violenza soggiacente, anche verbale, nonostante la comica paradossalità delle azioni, si muta in incubo effettivo. L’identità è imprigionata nella gabbia delle convenzioni umane, tra paura e incomunicabilità. Nella sua complessità il linguaggio è sempre scorrevole, semplice e diretto, concede al pubblico momenti di humor, mentre traghetta il teatro dell’’assurdo verso un teatro di estrema lucidità, focus sull’uomo contemporaneo nel suo snaturato habitat. (L. D.’ E.)

https://www.youtube.com/watch?v=cPPT_iAnt0w

Quando affronti la prima lettura di un testo di Pinter risulta complessa quanto quella di Beckett, ma è indiscutibile che, proprio dopo la prima indagine, si riconoscano fortemente i segni di una persistente inquietudine che ti proponi di mantenere e costantemente controllare man mano che il progetto si delinea negli elementi che determinano la messa in scena.
In origine, vuoi anche le ovvie radici e abitudini professionali, sono le stanze e i luoghi del suo teatro, contenitori instabili che fisicamente determinano sospensione, un apparente vuoto dove i personaggi “vite esteriormente comuni” attraverso i propri comportamenti, il relazionarsi attraverso il tessuto drammaturgico intriso di fantasie perverse, mostrano la loro difficoltà di esistere. Personaggi abitati dall’assurdo, imperfetti e mediocri, terribilmente autentici e al contempo irresistibilmente ironici e paradossali.
Le tematiche sull’esistenza legate ad una insensata vita condotta in un mondo senza valori, in un microcosmo senza alcuna possibilità di sbocchi, le contraddizioni, le mezze parole, quello che si pensa o appena accennato, causano costantemente dubbi e perplessità verso chi vede e ascolta.
La velocità e il ritmo imposto dai dialoghi, gli spazi dei silenzi, assumono in Pinter una concisione attenta, una brevità fluidità, un movimento deciso. Un teatro sintetico, privo di ornamenti, dove l’incertezza esistenziale si salda con i silenzi e le pause in ognuno dei personaggi che vivono la claustrofobica scena.
Situazioni equivoche che sfociano paradossalmente nell’ambiguo linguaggio imposto dal testo mantenuto integro ma plasmato sugli interpreti Marcello Romolo e Agostino Chiummariello che rispondono ai meccanismi aggressivi, di apparente improbabile appartenenza, con sicura personalità e libertà creativa“.
Tonino Di Ronza

SINOSSI
L’azione si sviluppa in un seminterrato spoglio e desolato dove due uomini, Ben e Gus sono in attesa di qualcosa. Ben è il più autoritario e trascorre il tempo leggendo il giornale, Gus invece è passivo ma è l’unico che utilizza la parola in modo positivo, facendo domande, le quali però non trovano mai risposta. Ne derivano dialoghi vuoti, illogici, irrazionali. Nel corso delle battute si scopre che essi sono due sicari professionisti che attendono istruzioni da un misterioso capo, che sembra comunicare con loro tramite un calapranzi, dal quale vengono fatti scendere oggetti e messaggi. Non conoscono la loro vittima, sanno solo che prima o poi entrerà dalla porta dello scantinato dove sono chiusi e loro dovranno ucciderla.
L’attesa è snervante ed i due riempiono il loro tempo parlando di cose futili, in un crescente stato ansioso che li porta allo scontro verbale, sebbene non acceso.
Il dramma termina con il sipario che si abbassa nel momento in cui Ben punta la pistola verso Gus, indeciso se eliminare la sua interiore personalità, identificata nell’opera nella persona di Gus, molto più semplice e positiva a dispetto di quanto Ben esprima. Quale sarà la scelta: allo spettatore la propria personale valutazione.

Orari spettacoli: feriali ore 20.30 – domenica ore 18.

Galleria Toledo teatro stabile d’innovazione
via Concezione a Montecalvario, 34 80134 Napoli

Per info e prenotazioni: 081425037 – galleria.toledo@iol.it

Ester Veneruso