Irpinia, 23 novembre 1980: la mostra “My broken world” nella giornata delle celebrazioni

Le 19.35 di domenica 23 novembre 1980. Un minuto e mezzo solitamente passa in un batter d’occhio, quella volta fu interminabile. Quasi surreale. Quella sera si è trasformata in una tragedia che ancora oggi ha lasciato ferite aperte. In quei novanta secondi di terrore è cambiata la storia del Mezzogiorno, in particolare dell’Irpinia, una terra, che 31 anni dopo, ne paga ancora le conseguenze.

Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Calabritto, Conza, Teora, cittadine dell’epicentro della scossa interamente devastate dalla silenziosa furia della natura.

La mostra fotografica “My broken world” (il mio mondo spezzato) di Francesca Cao e Michela Palermo, allestita dal Comune di Avellino, sarà inaugurata oggi alle ore 19.00 presso la Casina del Principe di Avellino e sarà visitabile fino al 6 gennaio 2012, dal lunedì al sabato, dalle ore 9.30 alle 20. Al vernissage prenderanno parte il sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso, l’assessore alla Cultura, Sergio Barbaro, la curatrice della mostra Irene Alison, e naturalmente le due fotografe irpine, Michela Palermo e Francesca Cao.

L’esposizione, già presentata alla Galleria Openmind di  Milano nel mese di marzo, attraverso i reportage delle fotografe professioniste Francesca Cao e Michela Palermo, cerca di presentare una “panoramica emozionale”, oltre che documentaristica, dell’Irpinia, nel triste anniversario del sisma.

“My broken world” racchiude immagini di vita quotidiana, scenari strazianti, testimonianze, ricordi di un mondo frantumato da uno dei più violenti terremoti dell’ultimo secolo ma nello stesso tempo mostra le esperienze che hanno accompagnato i tumuli di macerie, la sofferenza, le speranze, la disillusione di quelle persone che sono state abbandonate, costrette a vivere per tanti  anni in dei container, di quei paesi dimenticati, per cui il terremoto non è mai finito. Al centro dell’obiettivo di Francesca Cao, la lunga e infinita lotta della signora Ernestina, 66 anni, che come tanti altri, dal 1985 vive in un container di amianto nell’attesa di una casa che lo Stato le ha promesso ma che in realtà non ha mai costruito.

Non si tratta soltanto di  celebrare e ricordare le numerose vittime della catastrofe, ma soprattutto di un’occasione per riflettere, per ricominciare utilizzando le esperienze e gli sbagli passati come monito, per migliorare, magari partendo dalla prevenzione.