«Donare è vita»: alla scoperta dell’associazione che sta aiutando la piccola Irene

 Ci sono storie che vanno al di là del dolore, che superano il confine della sofferenza per diventare esempio. Storie di umanità, di coraggio e determinazione. Come quella di mamma Rosa. Ospedale Monaldi, reparto cardiochirurgia: la sua seconda casa è lì, da due anni. Precisamente da quando, assieme ad un’altra famiglia, fonda l’associazione “Donare è vita” in memoria di Nello, suo figlio, ed Alessia, entrambi scomparsi giovanissimi, in attesa di un trapianto di organi. «Stiamo lottando perché a nessuno -racconta – succeda più quel che è accaduto a noi».

L’ASSOCIAZIONE– Sfatare tabù e pregiudizi. Promuovere una campagna d’informazione e sensibilizzazione che possa far radicare una necessaria ed urgente cultura del dono, è la mission di “Donare è vita”, che attraverso convegni, seminari, manifestazioni in piazza, dibattiti a scuola, testimonianze, cerca di avvicinare la gente ad un uno di quei problemi che si considera essere “solo degli altri”, di chi già è affetto da patologie, ma che invece può riguardare tutti e all’improvviso. «Noi, desideriamo -dice Rosa- lanciare un messaggio che vuol essere speranza, affinché tutti capiscano che donare è un atto meraviglioso che può far fiorire vite. Per una persona volata via, tante altre possono avere la possibilità di riaprire gli occhi ed essere salvate. Ad oggi, i pazienti in lista d’attesa al Monaldi, sono 58, tra questi bambini e ragazzi». Ma le attività dell’associazione non si fermano qui. Sono tanti infatti i volontari, che ogni giorno portano aiuto morale, fisico e materiale ai degenti. «Un sorriso, per noi, è una carezza su un cuore ferito. Sappiamo cosa è il dolore, non vogliamo evitarlo, non possiamo, ma tentiamo di alleviarlo». E così, armati di allegria e colori, ravvivano le giornate di bimbi costretti a giocare in una stanza d’ospedale, rendendoli felici e meno soli. Come Irene, la bimba di Scampia, che ha commosso l’Italia e che al Monaldi, dov’è ricoverata, sottoposta a terapia ventricolare in attesa di un cuoricino nuovo, è diventata un po’ figlia di tutti. Una piccola “mascotte” di soli 2 anni con grandi occhi blu.

COME UNA GRANDE FAMIGLIA – Irene è attaccata al Berlin Heart, ma sembra non accorgersene. Nel reparto di cardiochirurgia pediatrica, si respira un’aria di solidarietà e vicinanza. Come una grande famiglia. Si percepisce un rapporto che non è solo di medicalizzazione, ma umano e sentito. E ne dà conferma il primario Giuseppe Caianiello e il suo staff. Ci aspetta nel suo studio, e mentre parla di dati e numeri, si avvicina al computer, apre un file: è una presentazione realizzata dalla sua squadra di dottori. In questo video, scorrono le immagini di tutte le “rocce”- come li definisce-, che hanno ricevuto un cuore nuovo grazie alla generosità di un cuore che non c’è più. Ricorda tutti i bimbi, elenca nomi, aneddoti, guarda con tenerezza ed orgoglio: ce l’hanno fatta. Mentre si susseguono le foto dei “suoi” piccoli felici che corrono, ed esplodono in sorrisi, una canzone, in sottofondo recita “ e di nuovo la vita sembra fatta per te”.